Tecniche base di Rianimazione Cardiopolmonare (RCP)

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Come promesso, in questo articolo si parlerà del corretto uso di un defribrillatore semiautomatico. Gli obiettivi principali sono:

  • riconoscere, tramite segni e sintomi, il caso di arresto respiratorio o cardiorespiratorio improvviso;
  • eseguire o fare eseguire una corretta e tempestiva chiamata al Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica;
  • applicare le corrette tecniche di rianimazione cardiopolmonare su un infortunato in arresto cardiaco;
  • utilizzare un defribrillatore semiautomatico esterno;
  • prestare adeguata assistenza a un infortunato in attesa dei soccorsi avanzati.

Ogni anno in Italia le vittime di un arresto cardiaco sono circa 60.000, una ogni nove minuti, e costituiscono il 10% della totalità dei decessi. In molti casi, un tempestivo intervento di defibrillazione e rianimazione consente di salvare la vita del paziente: si ritiene che entro cinque minuti dall’arresto cardiaco la percentuale di sopravvivenza è del 50%, mentre dopo altri sei minuti è praticamente nulla.

Il Defibrillatore Semiautomatico Esterno (DAE) è un dispositivo medico in grado di effettuare la defibrillazione delle pareti muscolari del cuore in maniera sicura, dal momento che è dotato di sensori per riconoscere l’arresto cardiaco dovuto ad aritmie, fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare.

L’affidabilità di tali apparecchiature (sia per specificità che per sensibilità), che in modo automatico, riconoscono la tipologia dell’aritmia, ne consente l’utilizzo da parte di personale non sanitario, con certificata formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare Basic Life Support and Defibrillation – RCP base (BLS-D).

La legislazione vigente, tra la quale principalmente la Legge 3 aprile 2001, n. 120 “Utilizzo dei Defibrillatori Semiautomatici in ambiente Extraospedaliero” e il Decreto Interministeriale 18 marzo 2011, prevede che le Regioni e le Province Autonome disciplinino il rilascio da parte delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere dell’autorizzazione all’utilizzo extraospedaliero dei Defibrillatori Semiautomatici (DAE) da parte del personale non ospedaliero.

Per sostenere la diffusione dei Defibrillatori Semiautomatici Esterni (DAE) sono previsti corsi di formazione professionale.

Questi corsi non sono rivolti esclusivamente al personale medico ma a tutti coloro che vogliono apprendere una tecnica salvavita fondamentale: genitori, insegnanti, baby sitter ecc.

Il corso per autorizzazione all’uso del Defibrillatore Semiautomatico Esterno prevede l’apporto di professionalità specialistiche in grado di offrire ai partecipanti elementi didattici sia teorici che pratici.

Ho avuto modo di apprendere le corrette tecniche grazie ad un corso specifico tenutosi da “Salvamento Agency”con il rilascio del relativo attestato e del tesserino di riconoscimento.

Operatore BLS-D

Importante: quanto detto in questo articolo, se non accompagnata da esercitazioni pratica sotto la guida di un istruttore, non permette di apprendere le esecuzioni corrette delle tecniche.

Il mio scopo è quello di spiegare le basi per rendersi conto di quanto è importante la conoscenza dell’utilizzo del defribrillatore semiautomatico. Non provate mai queste tecniche applicandole su un’altra persona, infatti l’istruttore fa esercitare solo su apposito manichino per addestramento alla rianimazione cardiopolmonare.

Gestione dell’emergenza

In ordine i 3 punti principali:

  1. catena della sopravvivenza
  2. chiamata di soccorso
  3. intervento diretto

Cosa vuol dire “catena di sopravvivenza? Con il termine BLSD (acronimo: “Basic Life Support with Defribrillation”) si intendono quelle procedure che consentono a un soccorritore di mantenere in vita un infortunato in arrivo dei soccorsi avanzati. Come? mettendo in atto quelle manovre indispensabili a mantenere stabili le funzioni vitali di base, fino a quando non riceve le migliori cure da parte dei soccorsi avanzati.

Queste tecniche prendono il nome di “tecniche di rianimazione di base”. Non occorre fornire farmaci, come avviene con le tecniche di rianimazione avanzata. Come soccorritori “laici” dovremmo essere in grado di mettere in pratica tecniche di rianimazione di base utilizzando attrezzature minime. le mani, alcuni dispositivi elementari, la nostra capacità respiratoria e molto buon senso.

Dobbiamo soloo sapere che queste tecniche semplici possono tuttavia tenere in vita una persona. Quando, infatti, s’interrompe la funzione cardiaca il cuore non effettua più la sua azione di pompaggio; si ferma la circolazione del sangue nelle arterie e nelle vene e cessano tutte le attività dell’organismo.Il cervello è molto sensibile alla mancanza di ossigeno derivante dall’arresto della circolazione: dopo circa 4 minuti si cominciano a manifestare danni che diventano rapidamente irreversibili.

L’utilizzo di un defribrillatore semiautomatico esterno in molti casi può riavviare il battito cardiaco, interrompendo una oericolosa evoluzione verso la morte biologica dell’infortunato.

Quindi, la catena della sopravvivenza è generalmente comporta da” 5 anelli”, ognuno simboleggiante una fase fondamentale del soccorso.

  1. La catena della sopravvivenza inizia con la fase dell’allerta del Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica. Oltre che primo anello come sequenza è anche il più importante per un soccorritore laico, che ha un addestramento di base e mezzi limitati.

Sebbene sia di vitale importanza fare presto nel chiamare il Servizio di Urgenza ed Emergenza medica, bisogna che prima qualcuno valuti rapidamente la situazione. L’operatore del 118 porrà una serie di di domande sugli infortunati coinvolti, sulle loro condizioni, sulle azioni di soccorso in essere e sulla localizzazione precisa del sito dove ci troviamo e chiederà un numero di telefono nostro da poter chiamare se sorge il bisogno (magari non ci trovano facilmente).

Magari se siamo in due, delegare la seconda persona a telefonare al 118 e nel frattempo, possiamo partire con il secondo anello della catena, cioè iniziare le manovre di rianimazione cardiopolmonare. Se siamo soli, chiediamo aiuto a voce alta, se qualcuno risponde alla richiesta (come spesso avviene9 e non conosce le procedure BLSD, date a lui l’incarico di chiamare il Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica. ma ascoltiamo quello che dice.

Se nessuno risponde, dobbiamo cavarcela da soli in tutta fretta ma non saltare un anello: contattare il 118 prima di iniziare le manovre di rianimazione.

Inutile dire che bisogna lasciare la linea libera dopo aver chiamato, il numero che abbiamo lasciato l’operatore.

Non perdiamo la pazienza se l’operatore del 118 ci fa tante domande; ricordiamo che non è lui che viene fisicamnete sul posto ma deve raccogliere informazioni più precise possibili per trasmetterle ai medici che invece saranno con noi sul posto.

In Italia, il numero di emergenza da chiamare è il 118. Tuttavia, è in atto un accorpamento di tutti i numeri di emergenza sotto il 112. Numero funzionante anche con credito zero.

Intervento diretto

Come soccorritori laici dobbiamo operare in piena sicurezza; non dobbiamo mettere a rischio la nostra incolumità. Dobbiamo verificare che l’ambiente sia privo di pericoli per noi stessi e per l’infortunato.

Potrebbe esserci un pericolo ambientale, evidente o nascosto, che ha prodotto tale infortunio. Quali potrebbero essere questi pericoli? presenza di fumo, incendio, gas o sostanze pericolose, styrutture pericolanti, cavi elettrici sotto tensione, traffico di mezzi (auto, treni, ecc.), possibilità di cadere in un dirupo o in mare o di essere travolti (acqua, neve, fangop, ecc.). in alcuni casi può essere necessario sposatre l’infortunato, con tecniche idonee, per poi applicare le tecniche BLSD in ragionevoli condizioni di tranquillità.

Nel caso l’ambiene non sia sicuro il compito del soccorritore laico si ferma al primo anello: allertare il servizio di Gestione Emergenze (112) specificando bene la situazione. sarà compito dell’operatore che risponde dirottare la chiamata al centralino del corpo di soccorso (pubblica sicurezza, vigili del fuoco, emergenza sanitaria ecc) più adatto alla situazione.

Quindi, il soccorritore laico non ha il dovere laico di intervento diretto, soprattutto se il farlo mettesse in pericolo la sua vita, salvo l’bbligo di allertare i soccorsi avanzati per non incorrere nel reato di “omissione di soccorso.

Se ci sentiamo propensi a intervenire è bene che teniamo in mente alcune questioni. La prima è il dovere morale di essere aggiornati. le tecniche di rianimazione sono revisionate ogni 5 anni. Per non ricorrere a tecniche obsolete, aggiorniamoci. la seconda è quella di non improvvisarci medici, ma di adottare solo quelle tecniche per le quali siamo stati addestrati, quindi, niente farmaci e nemmeno apparecchiature complesse, come il pallone autoespandibile.

 

 

 

 

 

Per l’utilizzo dei defribrillatori la questione legale è diversa. Diversamnte di quando avveniva nel 2001, oggi l’uso di questo apparecchio è consentito anche a personale non medico, che abbia ricevuto una formazione specifica all’utilizzo.

Ciò è stato reso possibile grazie allo sviluppo di defribrillatori in grado di riconoscere con sicurezza l’eventuale presenza di aritmia cardiaca maligna ed eventualmente erogare una scarica di corrente per cercare di interromperla.

Sicuramente, vi chiederete se l’infortunato è portatore di una malattia infettiva. In questi casi che succede? Nulla, assolutamente improbabile la possibilità di contrarre malattine attraverso la ventilazione bocca a bocca. Un rischio potrebbe essere se il soggetto perde sangue. In questi casi possono essere utilizzate delle piccole barriere protettive individuali, come per esempio una maschera per ventilazione bocca a bocca, come quella che vi mostro e si può portare come un semplice portachiavi.

Detto questo passiamo a spiegare le tecniche BLSD.

BLSD nell’adulto

L’arresto cardiaco improvviso è una repentina interruzione della funzione di pompa del cuore, a cui fa quindi seguito, entro pochi secondi, la cessazione dell’ossigenazione di tutti gli organi e tessuti, che protraendosi porta alla morte.

L’improvvisa cessazione del pompaggio di sangue da parte del cuore in una prima fase (“apparente morte clinica”) può essere reversibile mediante tempestive e adeguate manovre di rianimazione, mentre porta inesorabilmente alla morte irreversibile (“morte biologica”) dell’infortunato se non rapidamente trattata.

L’arresto cardiaco improvviso si manifesta con le seguenti fasi successive tra loro: perdita del polso, stato di incoscienza e, infine, perdita della funzione respiratoria. Tutto questo avviene rapidamente, anche in un
soggetto che sembrava perfettamente sano.

Nel 75/80% circa dei casi la responsabilità dell’arresto cardiaco è attribuibile a un’aritmia maligna, la fibrillazione ventricolare.

In caso di fibrillazione ventricolare allertare il Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica non è sufficiente, molto raramente i soccorsi avanzati potranno giungere in tempo!
Per questo è stato lanciato il progetto PAD (Public Access Defibrillation); il suo scopo è la riduzione dei tempi per la defibrillazione, attraverso l’analisi delle strutture e del territorio e la determinazione della
collocazione ottimale di defibrillatori, in modo che siano equidistanti da un punto di vista temporale, individuando pattuglie mobili e sedi fisse e tenendo conto dell’interazione dell’operatore laico con l’operatore sanitario.
Con l’attuazione di questo progetto anche il soccorritore laico può reperire in poco tempo un defibrillatore semiautomatico esterno (AED) e fare la differenza fra la vita e la morte dell’infortunato.

Valutata la situazione ambientale e stabilita la sicurezza dell’intervento, potete avvicinarvi all’infortunato. Ora dovete cercare di capire la gravità della situazione. Potrebbe anche essere che la persona a terra, magari sotto ebbrezza da alcool, stia semplicemente dormendo.


Per farlo avvicinatevi e scuotetegli delicatamente le spalle, chiedendogli nel frattempo ad alta voce: «Come va? Si sente bene? Posso aiutarla, sono addestrato al primo soccorso».
Se la persona non risponde agli stimoli tattili-vocali potete presumere che non sia cosciente. In questo caso dovete accertare se respira normalmente guardando se si muove il torace. Se l’infortunato non respira o boccheggia solamente (anche se produce un rumore simile al russare, tipico del “gasping” o respiro agonico che non deve essere considerato respirazione naturale) è necessario attivare subito la “catena della sopravvivenza” già vista precedentemente.

La prima cosa da fare, quindi è richiedere a voce alta l’aiuto dei presenti, anche se non sono in vista, e organizzare la chiamata al Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica.
Se nessuno interviene per aiutarvi dovrete effettuare voi la chiamata.

Altrettanto importante, come abbiamo visto nel precedente paragrafo sull’attacco cardiaco improvviso, è di organizzarsi perché sul posto sia portato nel più breve tempo possibile un defibrillatore semiautomatico
esterno.

Una volta allertato o chiesto di allertare il Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica (verificando poi che sia stato fatto) e nell’attesa dell’arrivo del defibrillatore semiautomatico esterno potete iniziare a praticare le tecniche di rianimazione cardiopolmonare.

In alcune,sebbene poco comuni, situazioni queste tecniche sono inutili e potete evitare di applicarle.

Le attuali tecniche di rianimazione cardiopolmonare (linee guida 2010 – ricordiamo che possono cambiare ogni 5 anni) prevedono per il soccorritore laico non professionale la procedura “CAB”, dove “C” sta per “Circulation” – circolazione in inglese – e indica il massaggio cardiaco esterno, “A” sta per Airway – vie aeree in inglese – e indica l’apertura delle vie aeree e infine “B” sta per “Breathing” – respirazione in inglese – e indica le ventilazioni. Esistono procedure differenti, che sono anche oggi applicate dagli operatori professionali o in casi particolari, ma per quanto attiene il nostro corso BLSD dovrete attenervi alla procedura “CAB”.

C.1 – Per praticare la rianimazione cardiopolmonare è necessario che l’infortunato sia disteso su un piano rigido in posizione supina (viso rivolto verso l’alto). Se non è in tale posizione dovete quindi spostarlo. Il riposizionamento va effettuato con cautela: se l’infortunato ha riportato traumi alla colonna vertebrale dovete cercare di muoverlo mantenendo testa, collo e colonna bloccati come fossero un solo elemento.
Quando l’infortunato è posto nella corretta posizione vi inginocchierete al suo fianco, preferibilmente a sinistra, e gli scoprirete il torace.

C.2 – Il punto in cui dovete effettuare le compressioni è in asse sul torace, esattamente sulla metà inferiore dello sterno. Su questo punto dovete appoggiare il carpo di una mano e sovrapporgli l’altra mano, intrecciando le dita fra loro. Le dita non devono toccare il torace dell’infortunato, poichè comprimerebbero troppo le coste durante la manovra, potendo lesionarle. Posizionate adeguatamente le mani dovete assumere la corretta
posizione del corpo. Distendete le braccia mantenendole poi ben tese. Portate le spalle direttamente in verticale sull’asse del torace, centrate sulle mani intrecciate.

C.3 – Utilizzando lo spostamento del tronco, senza piegare i gomiti, comprimete il torace dell’infortunato con forza e rapidamente. Il torace si deve abbassare di almeno 5 centimetri

C.4 – Senza alzare le mani dal torace e senza piegare i gomiti attendete la retroazione completa del torace dell’infortunato.
C.5 – Eseguire una serie di 30 compressioni come descritte nei precedenti passi C.3 e C.4, al ritmo di almeno 100 compressioni al minuto. Ciò significa che l’intera serie di 30 compressioni deve durare massimo 18 secondi.

Dopo le 30 compressioni (fase “C” della rianimazione cardiopolmonare) potete passare alla fase “A”, cioè all’apertura delle vie aeree. In un infortunato privo di coscienza i muscoli della lingua si rilassano ed essa può scivolare all’indietro, chiudendo le vie aeree a livello dell’imbocco laringeo. La manovra di iperestensione della testa e di sollevamento del mento permette di correggere la posizione della lingua, ripristinando la pervietà
delle vie aeree (se il problema era la lingua).

A.1 – Ponete la mano del braccio più vicino alla testa dell’infortunato sulla sua fronte esercitando una leggera pressione. Nel frattempo posate indice e medio dell’altra mano sotto il mento dell’infortunato, per spingerlo in alto, sollevando la mandibola.

A.2 – La contemporaneità delle due azioni (pressione sulla fronte e sollevamento del mento), produrrà una iperestensione del capo e lo spostamento della mandibola, cui è attaccata la lingua, verso l’alto.

A questo punto le vie aeree dell’infortunato, se non ostruite da corpi estranei, dovrebbero essere pervie e potete iniziare la fase “B” della rianimazione cardiopolmonare, occupandovi della ventilazione artificiale
dell’infortunato. Assumendo in prima istanza che non si disponga di presidi per la ventilazione artificiale, la tecnica da attuare per effettuare le insufflazioni di aria è quella della respirazione bocca a bocca.

B.1 – Con l’azione delle vostre mani tenete sempre la testa dell’infortunato iperestesa e il suo mento sollevato verso l’alto.

B.2 – Mantenendo la mano sulla fronte dell’infortunato, utilizzate il pollice e l’indice della stessa per chiuderne il naso. Eviterete così che l’aria insufflata possa tornare fuori attraverso le narici.

B.3 – Inspirate normalmente e trattenete l’aria mentre ponete la vostra bocca su quella dell’infortunato, facendo aderire perfettamente le labbra. Insufflate l’aria trattenuta nella bocca dell’infortunato controllando che il suo torace si sollevi e si riabbassi in seguito alla espirazione naturale da parte dell’infortunato. Ogni insufflazione dovrebbe durare circa 1 secondo. Subito dopo l’insufflazione allargate la presa di pollice e indice sulle narici dell’infortunato, per facilitare l’espirazione naturale.

B.4 – Se il torace si è sollevato e riabbassato potete iniziare una seconda insufflazione. Se il torace non si è sollevato, ripetete la manovra di apertura delle vie aeree (vedi A.2) prima di provare a insufflare di nuovo. In entrambi i casi dopo la seconda insufflazione o il secondo tentativo ricominciate il ciclo dal punto “C.2”.
Ne consegue che il corretto rapporto fra compressioni e ventilazioni è 30:2. Se vi sono problemi a effettuare le insufflazioni, per esempio per trauma facciale dell’infortunato, potete effettuare anche le sole compressioni.
Continuate a ripetere il ciclo 30:2 o le sole compressioni fino a uno dei seguenti eventi:
1. arrivo del defibrillatore semiautomatico esterno (DAE);
2. ripresa della respirazione spontanea normale da parte dell’infortunato;
3. pericolo imminente per la vostra persona;
4. sostituzione da parte di un altro soccorritore;
5. arrivo dei soccorsi avanzati;
6. esaurimento delle vostre forze.

Defribrillazione

Come abbiamo già visto nella grande maggioranza dei casi la responsabilità dell’arresto cardiaco è attribuibile alla fibrillazione ventricolare e intervenire rapidamente con un defibrillatore permette di aumentare molto le probabilità di sopravvivenza dell’infortunato. In caso di arresto cardiaco il cuore può dapprima presentare un’accelerazione parossistica inefficace (tachicardia ventricolare), quindi interviene la fibrillazione fino all’asistolia
(cessazione del battito). Un defibrillatore semiautomatico esterno (AED) è un apparecchio in grado di rilevare autonomamente il battito cardiaco e decidere se sia necessario erogare la scarica e con quale intensità. Esistono diversi modelli di defibrillatori semiautomatici esterni (AED), ma le procedure di utilizzo sono simili per tutti.

D.1 – Appena arriva il defibrillatore, bisogna interrompere la rianimazione cardiopolmonare e posizionare l’AED sul lato sinistro dell’infortunato (per operare con maggiore facilità), all’altezza della testa e con i pulsanti
di comando rivolti verso l’operatore. Se questo posizionamento può essere fatto da un’altra persona, magari la stessa che ha portato l’apparecchio, dovete continuare nel frattempo le manovre di rianimazione
cardiopolmonare. Meglio ancora se l’altra persona sa utilizzare il defibrillatore perché può provvedere lei anche ai punti successivi.

 

D.2 – Verificate che non ci sia acqua a contatto con l’infortunato e attivate l’AED premendo il pulsante di accensione o alzando il coperchio (a seconda del modello). Il defibrillatore in genere fornisce istruzioni vocali all’operatore. Se l’apparecchio indica che la batteria è scarica, essa va sostituita. Se invece arriva l’indicazione (anche successivamente) che l’apparecchio è guasto bisogna cercare un altro defibrillatore.

D.3 – La prima azione da compiere è quella di posizionare gli elettrodi. Controllate che non vi siano gioielli o altri oggetti nelle aree in cui si applicano gli elettrodi; asciugate l’eventuale umidità presente e, se necessario perché troppo folti, radete i peli presenti. Aprite una confezione sigillata di elettrodi e verificate che non siano scaduti o danneggiati. Se non già inseriti collegate gli spinotti dei cavi degli elettrodi ai connettori sul
defibrillatore.
Posizionate uno degli elettrodi (non ha importanza quale) sul petto sotto la clavicola destra; l’altro elettrodo andrà sul fianco sinistro, 5 – 10 centimetri sotto l’ascella. Ogni cuscinetto adesivo deve fare bene presa sulla
pelle dell’infortunato, quindi stendetelo bene e premete forte per garantirvi l’aderenza.


Se sul torace dell’infortunato sono presenti cicatrici o altri elementi che possono fare pensare all’impianto di un pace-maker ponete attenzione a fissare gli elettrodi a distanza di almeno 2,5 centimetri dal dispositivo. Sebbene i pacemaker siano in genere concepiti per resistere alla defibrillazione esterna, se gli elettrodi sono posizionati a distanza ravvicinata o direttamente sul dispositivo, esso può essere danneggiato dalla scarica.

D.4 – Staccate le mani dal corpo dell’infortunato e chiedete a tutti di allontanarsi per non interferire con l’analisi del ritmo effettuata dal defibrillatore. È bene spegnere o allontanare tutti gli strumenti elettronici nelle vicinanze dell’AED. Altra precauzione di sicurezza è quella di allontanare eventuali fonti di ossigeno utilizzate durante la rianimazione.

Una indicazione del tipo “controllare gli elettrodi” evidenzia che non c’è un buon contatto tramite i cavi o fra elettrodo e pelle.
Durante l’analisi del battito nessuno deve toccare l’infortunato, nemmeno voi, altrimenti l’apparecchio interromperà questa analisi e dovrà rieseguirla dall’inizio.
Al termine dell’analisi il defibrillatore indicherà se la scarica è necessaria o no. Se non è necessaria dovete iniziare di nuovo il ciclo delle manovre di rianimazione cardiopolmonare per due minuti. Trascorso questo intervallo l’AED effettuerà una nuova analisi per valutare se l’erogazione della scarica sia diventata opportuna.

D.5 – Quando il defibrillatore ritiene che la scarica sia necessaria avviserà l’operatore che si sta caricando e indicherà di allontanarsi. Dovete quindi ordinare a tutti (inclusi altri soccorritori) di allontanarsi con voce chiara e forte. Un metodo di farlo e controllare che sia fatto è quello di utilizzare la “filastrocca di sicurezza”, cioè gridare: «Via io, via voi, via tutti!» con cui invitate voi stessi, gli altri soccorritori e tutti i presenti a non toccare l’infortunato. Nel contempo utilizzate le mani per indicare il gesto di allontanamento. Raggiunta la carica necessaria l’AED vi indicherà di premere il pulsante di erogazione scarica. Controllate rapidamente che nessuno tocchi l’infortunato e premete il pulsante.

D.6 – Se al termine della scarica il defibrillatore rileva la ripresa del battito vi indicherà di controllare il respiro. Altrimenti dovete riprendere le manovre di rianimazione cardiopolmonare, fino alla successiva fase di analisi
del battito da parte del defibrillatore, che è ripetuta ogni due minuti.


Non dovete quindi rimuovere mai gli elettrodi dal corpo dell’infortunato. A ciò penseranno gli operatori dei soccorsi avanzati al loro arrivo.

Chi possiede o riceve in dotazione un defibrillatore deve provvedere al fatto che sia sempre utilizzabile prontamente. Il che comporta il controllo dello stato delle batterie, la sostituzione a scadenza degli elettrodi, la
verifica del funzionamento con la procedura di “auto-test” indicata dal fabbricante. Inoltre sarebbe bene indicarne la posizione con l’apposito segnale e comunicarla al Servizio di Urgenza ed Emergenza Medica per una mappatura completa degli AED presenti sul territorio.

Concludo questa parte con un video che mostra la tecnica dell’uso del defribrillatore

 

 

Queste sono le teniche di rianimazione di base per quanto concerne un soggetto adulto. Nei prossimi articoli tratterò il caso di soccorso di una donna in evidente stato di gravidanza e se si ci troviamo di fronte ad un lattante o bambino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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