Il bambino e la sua mamma (e il suo papà)

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Le prime “crisi di opposizione”

Già verso i due anni il bambino comincia ad assumere degli atteggiamenti di rifiuto verso le richieste degli altri, e in particolare dei genitori, e inizia a nominare se stesso con il pronome personale “io”. Entrambi questi comportamenti sono segnali di un cambiamento profondo che sta avvenendo, cioè del passaggio da uno stato di totale dipendenza dalla madre alla conquista di una sempre maggiore autonomia. Dal modo in cui la mamma affronta i comportamenti di rifiuto del figlio dipende la piena e serena riuscita del cammino del bimbo verso l’autonomia. In questo difficile processo è centrale la figura del padre il quale si inserisce nella coppia serrata mamma-bambino, agevolando nel piccolo la spinta alla separazione dalla mamma e quindi lo sviluppo della sua autonomia.

Il distacco del bambino: fase difficile per la mamma.

Il modo in cui la mamma reagisce ai comportamenti oppositivi tipici della “fase del no” determina positivamente o negativamente il sano e necessario processo di autonomizzazione del piccolo. Per esempio, il ricatto affettivo della mamma (del tipo: ” se fai così mamma non ti vuole più bene”) ostacola lo sviluppo del bambino, ingenerando in lui dei sensi di colpa.

Sono diversi i motivi per cui una mamma può faticare ad accettare l’idea che il bambino si separi da lei,. Innanzitutto, il profondo senso di responsabilità insito nel ruolo di madre può talvolta causare elevati livelli di ansia e dare a dubbi sull’adeguatezza dei propri comportamenti, o addirittura il sospetto di non essere all’altezza del compito. Q

Quando questi dubbi diventano particolarmente cocenti, si può generare nella mamma uno stato di apprensione continua verso i pericoli reali o presunti che giungono dell’ambiente.

A queste ragioni se ne sommano altre, puramente soggettive. Nel divenire madre, infatti, si verifica una modificazione fondamnetale dell’identità femminile: nella fusione tra mamma e bambino caratteristica del puerperio molte donne trovano un profondo appagamento che dà loro la sensazione quasi di bastare a se stesse, di colmare ogni loro mancanza.

In definitiva, se prima dei tre anni era necessario proteggerlo, controllare che non corresse pericoli, dopo i tre anni è indispensabile incoraggiarlo ad assumere quei piccoli rischi che una maggiore indipendenza comporta, limitandosi a indicargli i persicoli, ma naturalmente comunicandogli anche la certezza che avrà un aiuto ogni volta che ne avrà bisogno.




La mamma, in sostanza, deve fare un “passo indietro”.

In questa fase un aiuto essenziale è dato dal papà. Con la sua presenza amorevole verso la partner egli si interpone nel legale tra mamma e bambino che altrimenti continuerebbe a essere di tipo fusionale. In questo modo il piccolo percepisce che il rapporto tra lui e la mamma non è l’unico legame che lei abbia.

 

 

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